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Per Aspera ad Veritatem N.17 maggio-agosto 2000
Numero speciale
dedicato all'Unità d'Italia
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Fabio MINI
Globalizzazione: una chance per l’espansione della cultura e della criminalità asiatica?


La globalizzazione è ormai una realtà. Non è detto che sia universalmente accettata come fatto positivo, ma tutti devono confrontarsi con essa.
L'espansione globale dei mercati non è un fenomeno casuale. Essa richiede un idoneo platfond di elementi politici, culturali, commerciali e tecnologici che devono essere integrati, compatibili e interagenti. Quindi, l'espansione ha bisogno di un sistema che, a sua volta, si deve fondare su di un impianto ideologico.
Il sistema adottato dalla moderna globalizzazione (nella storia ci sono state varie globalizzazioni dei mondi di volta in volta conosciuti o ritenuti d'interesse) è quello prettamente economico del capitalismo di mercato, che si fonda sul principio politico, assurto a vera e propria ideologia, della democrazia liberale. Lo sviluppo di tale concezione ha avuto un impulso con la fine della guerra fredda e con la teorizzazione di quello che Bush chiamò "nuovo ordine mondiale". Una pietra miliare dell'affermazione di questa teoria è rappresentata dal saggio del 1992 di Francis Fukuyama sulla "fine della Storia". Secondo l'autore, la "democrazia liberale", in pratica quella americana contemporanea, è il traguardo finale della storia dell'evoluzione delle società. Tutte le nazioni dovranno adottarla prima o poi. Nel 1997, il Presidente Clinton, nel formulare la strategia americana fino al 2020, ha recepito in pieno questa missione di espansione del modello americano e, fondendo l'ideologia con il sistema, ha chiaramente indicato di voler portare le nuove nazioni (est europeo e stati emergenti) a diventare "market democracies". La globalizzazione, in questa visione, è basata su una serie di principi liberali, liberisti o pseudo-tali tra cui spiccano il libero transito di idee, di merci e di servizi, l'abbattimento delle frontiere ideologiche, dei nazionalismi e delle barriere culturali.
Vengono anche assunti come fondamentali i seguenti parametri di per sé sicuramente non negativi:
- primato della crescita economica;
- celebrazione dell'impresa;
- privatizzazione;
- abbattimento delle barriere commerciali e doganali;
- liberazione delle valute dai controlli nazionali;
- deregolamentazione.
Tale sistema e la sua ideologia non sono compatibili con altro diverso sistema e funzionano soltanto se agiscono in ambiti omogenei. Quindi, perché la globalizzazione abbia riscontro pratico, deve estendere a nuove realtà geografiche, politiche e culturali il sistema e l'ideologia di riferimento.
Da tali basi derivano alcuni corollari che, sul piano prettamente sociale e culturale, diventano anche inquietanti, come:
- unificazione dei bisogni e standardizzazione dei consumi;
- imposizione di modelli e livelli di vita non sempre sostenibili;
- annullamento dei poteri locali che possono opporsi all'ampliamento del sistema;
- prevalenza della cosiddetta economia casinò, controllata dagli speculatori di valuta;
- negligenza delle differenze culturali fra i popoli con il contemporaneo smantellamento delle tradizioni e delle economie locali.
Chi non appartiene al sistema può soltanto resistere o cedere. In altri tempi si sarebbe parlato di colonialismo, ma oggi il termine non è politically correct.
In tale quadro, si può tranquillamente rispondere alla prima parte del quesito del tema prendendo atto che la globalizzazione sta avvenendo all'insegna di un'ideologia e di un sistema che non appartengono al mondo orientale. Anzi, la globalizzazione prevede l'uniformità soprattutto degli stili di vita e dei consumi, esclusivamente secondo il sistema occidentale. Tale uniformità comporta l'annullamento delle culture incompatibili o resistenti. La cultura orientale ovviamente resisterà, ma oggi non ha molto da offrire perché si possa pensare ad un contrattacco culturale. Sul piano economico, il cosiddetto modello asiatico che aveva promosso la costituzione delle "tigri asiatiche" si è rivelato incapace di resistere alle pressioni del mercato e degli interessi occidentali. Sul piano culturale, nessun elemento fondamentale, ideologico, religioso, sociale o politico asiatico è riuscito a scalfire la cultura occidentale. Le differenze culturali fra oriente e occidente e fra nord e sud del mondo sono ancora
talmente forti da far ritenere a Samuel Huntington che i confini tra le civilizzazioni siano in realtà delle faglie e che lungo tali linee di separazione l'unico contatto possibile sia lo scontro (clash). Forse non è così, ma è senz'altro vero che, rimanendo nel nostro tema, oriente e occidente non sono culturalmente integrati. L'islamismo è ostile al mondo occidentale e viceversa. Si espande però esclusivamente nell'ambito del proprio mondo culturale. Oggi l'occidente ha paura del cosiddetto fondamentalismo, ma il trend prevalente è un ritorno delle posizioni moderate e più che mai l'integralismo è una minaccia per il sistema islamico molto di più di quanto non lo sia per il sistema occidentale. Il socialismo di mercato inventato dai cinesi è uno dei tanti esperimenti sociali in corpore vili che il regime di Pechino da oltre 50 anni sta tentando per conservare il potere. Non è esportabile. La stessa new age, i movimenti millenaristi e altre filosofie e pratiche orientaleggianti sono soltanto una nota di colore nella nostra società. La new age ha una potenzialità molto subdola e pericolosa, ma non sembra per il momento destinata a diventare universale e, cosa più importante, non è più, nel caso lo fosse mai stato, un prodotto della cultura orientale. E' una deviazione scaturita dal sistema occidentale che a sua volta rischia di inquinare, se non altro per assonanza d'immagini, lo stesso mondo orientale. La setta Falun Gong che in Cina in cinque anni ha fatto un centinaio di milioni di adepti, si è estesa in molti paesi del mondo, ma non è andata al di là della ginnastica da camera. Così come il grande fascino del buddismo tibetano non è riuscito a sollecitare la sensibilità occidentale oltre al braccialetto di rame.
Il mondo orientale è quindi, come il resto del pianeta, uno degli obiettivi e non il protagonista della globalizzazione. Ed è anche quello che la teme maggiormente perché i danni che può subire nell'ambito degli assetti sociali e politici, oltre che culturali, sono veramente immensi.
La market economy, è più che mai fondata sulla free economy, la stessa ideologia che negli anni ‘70 e ‘80 è stata contrastata per i suoi negativi effetti sulle dinamiche sociali.
Un'economia di grandi promesse per coloro dotati di talento imprenditoriale, ma di nebulose prospettive per il settore pubblico.
Per il sistema orientale basato sulla socialità piuttosto che l'individualità e con forti carenze di mezzi tutto questo è destabilizzante.
Robert Frank, economista alla Cornell University, chiama la market economy l'economia del "vincitore piglia tutto" (winner-take-all). John Naisbitt, il futurologo, ritiene che la nuova concezione economica faccia diventare il mondo intero un solo mercato e che livelli il campo di gioco (o di scontro) sia per i piccoli che per i grossi giocatori, e questo va bene. Ma, universalizzando il commercio, la nuova economia produce un nuovo tribalismo. Più globali e insicuri noi siamo, più tribali sono gli atteggiamenti di molti che cercano rassicurazione nelle fonti tradizionali dell'identità e della sicurezza. Ci sono tribù d'elites, come gli americani, che sentono di avere cose in comune più con gli europei e i giapponesi e ci sono tribù di massa per le quali il globalismo è distruttivo e che cercano sicurezza nella demagogia. Tra quest'ultime ci sono quasi tutte le nazioni orientali.


Robert Hormats, vice presidente della Goldman Sachs, alla conferenza di Davos (1) ha dichiarato: la grande bellezza della globalizzazione è che nessuno la controlla. Non è controllata da alcun individuo, governo o istituzione. Dà alla gente l'abilità di comunicare attraverso frontiere, di commerciare attraverso le frontiere e raccogliere denaro attraverso le frontiere. E' una sorta di evoluzione enormemente espansiva che è molto utile e porta beneficio ad un sacco di gente in molte parti del mondo.
Si può concordare, entro certi limiti, sul fatto che nessuno controlli la globalizzazione. Di certo non sono più gli stati nazionali e forse nemmeno gli organismi internazionali a controllarla. Ma che dia a tutti la possibilità di trarre benefici è più teoria che pratica.
La globalizzazione, almeno in questa fase, è strettamente connessa alle corporazioni multinazionali che ne sono le vere protagoniste. Lo stereotipo ci presenta le corporazioni come dei giganti economici che devono essere per forza multinazionali per tre ordini di motivi: 1) muovere la produzione da una nazione all'altra sfruttando risorse e mano d'opera meno costose; 2) realizzare economie di scala; 3) evadere tasse.
Tutto questo è ancora vero, ma non in senso assoluto. La fisionomia, il ruolo e le strategie di tali entità sono mutate rispetto al passato proprio per sfruttare al massimo i vantaggi della nuova situazione.
Per quanto riguarda il mercato del lavoro, piuttosto che la reperibilità di mano d'opera, oggi sono molto più importanti l'affidabilità ambientale e la professionalità della stessa mano d'opera e non necessariamente esse si trovano nei mercati a basso costo.
In merito all'economia di scala, l'industria aeronautica, per limitarci ad un esempio, è dominata da due giganti quasi esclusivamente nazionali, la Boeing e l'Airbus.
L'evasione fiscale, o meglio la ricerca di riduzione della pressione fiscale, è sempre un motivo fondamentale, ma oggi gli stessi stati nazionali fanno a gara nel concedere agevolazioni perché le imprese si registrino sul proprio territorio.

Per le altre risorse e materie prime, in realtà, la globalizzazione stessa renderebbe la multinazionalizzazione meno necessaria. Con la caduta dei costi di trasporto e delle barriere doganali diventa più facile esportare invece di produrre in giro per il mondo e con la maggiore integrazione e fluidità del mercato finanziario è molto più facile per un'azienda nazionale avere accesso alle fonti di finanziamento.
La logica economica del multinazionalismo, nell'era della globalizzazione, sta altrove.
Innanzitutto sta nella gestione accentrata di alcuni settori fondamentali e nel decentramento di altri. Per compagnie come la Coca Cola l'accentramento dell'immagine e del marketing sono fondamentali rispetto alla produzione che avviene per decentramento.
Poi sta nell'integrazione verticale. In alcune industrie l'interdipendenza dei fornitori con i clienti rende difficile la cooperazione e porta al rischio di strangolamento di uno nei confronti dell'altro. Questo determina la decisione di acquisizione da parte dei produttori dei clienti o viceversa.
La globalizzazione ha ampliato le possibilità d'integrazione realizzando l'interdipendenza tra esportatori e importatori, produttori e consumatori, investitori e attività. Il WTO è la sede istituzionale dell'interdipendenza commerciale globale, mentre l'IMF e la World Bank lo sono per quella finanziaria. Sfortunatamente, ma inevitabilmente, con l'interdipendenza finanziaria si è creata una nuova suddivisione del mondo in debitori e creditori che rischia di alzare nuove barriere piuttosto che abbatterle.
Inoltre, gli organi deputati al mantenimento dell'interdipendenza, che dovrebbero essere super partes, sono finanziati da poche nazioni, le più ricche, e finiscono per fare gli interessi di chi le finanzia. Spesso l'interdipendenza si risolve nella dipendenza cronica dei poveri dai ricchi.
Una terza ragione per la crescita del multinazionalismo è la tendenza ad essere efficiente proprio per la quasi naturale capacità di eliminare più facilmente i settori inefficienti. Con la globalizzazione questa caratteristica è accentuata e le imprese che sono più elastiche e più pronte a passare le frontiere tendono ad essere più prospere.
Un'ultima ragione è che il multinazionalismo, da mera prospettiva economica, con la globalizzazione è diventato vera e propria moda. In quanto tale, in una cultura altamente edonistica, favorisce l'espansione e la proliferazione delle imprese.
Con la new economy la proliferazione è quasi parossistica e si assiste addirittura al fenomeno delle multinazionali istantanee: quelle che si costituiscono in maniera quasi informale e in maniera virtuale per uno scopo immediato ed in genere non duraturo. Questo tipo di instant multinational è altamente efficiente e volatile, con una grande potenzialità di superamento delle barriere legali e di quelle fiscali.
Un altro stereotipo ci presenta le corporazioni come catene di montaggio internazionali con la produzione dispersa in varie parti del mondo e la vendita in altre completamente diverse. Anche quest'immagine è datata. Recenti studi del dipartimento del commercio USA mostrano che un terzo del commercio americano si sviluppa all'interno delle stesse corporazioni, ma soltanto il 10% di questo riguarda lo scambio di componenti. Le multinazionali oggi tendono a comprare la maggior parte dei componenti nelle stesse aree in cui producono e a produrre nelle stesse aree in cui vendono.
Un modello di strategia globale di questo tipo è quello della Toshiba. Il progresso dell'industria elettronica richiede enormi investimenti di ricerca e manifattura, ma il mercato non offre sufficienti garanzie. Per ridurre il gap tra investimenti e commercializzazione, la Toshiba ha accentrato la ricerca e sviluppo delle tecnologie ed ha localizzato il marketing, la gestione aziendale, la produzione e lo sviluppo della produzione nelle regioni in cui i prodotti vengono commercializzati. La struttura è diventata quindi tripolare con i poli in Asia, Nordamerica ed Europa. Ogni rappresentante regionale è responsabile di tutte le attività della propria area. Tale strategia realizza una sorta di globalizzazione localizzata che è un modello prettamente orientale.


La globalizzazione è funzionale alle corporazioni e agli organismi politico-economico-finanziari di cui le strutture nazionali, internazionali o soprannazionali sono diventate succube, clienti e debitrici.
In questo quadro, non è sfuggito a nessuno l'enorme potenziale d'espansione offerto alla criminalità organizzata occidentale che non solo si è adeguata al nuovo ambiente, ma ha assunto una funzione motrice travasando in tutti i nuovi mercati la propria cultura del crimine. Se si vuole, quella della malavita è una sorta di colonizzazione parallela che agisce nella stessa ottica di quella economica. Questa dinamica è in atto in tutte le parti del globo nelle quali la criminalità occidentale intende penetrare. In certi settori sta avendo maggiore successo della penetrazione economica, in altri si muove di conserva con essa e in molti altri casi viene rallentata dalle barriere culturali che nelle realtà criminali meno evolute sono sempre più radicate e difficili da modificare.
Allo stesso tempo viene quasi del tutto ignorato un altro fenomeno: esiste un modello criminale che partendo da ed agendo in un sistema culturale completamente diverso da quello occidentale non soltanto trae maggiori possibilità dalla globalizzazione, ma ne è l'antesignano, il precursore e, soprattutto, da molti anni ha sviluppato il sistema per penetrare in senso operativo nelle altre culture senza richiederne la preventiva conversione. Questo modello è rappresentato dalla criminalità asiatica.
Per favorire l'apprezzamento della reale natura e portata del fenomeno occorre esaminare il crimine organizzato di stampo asiatico alla luce degli stessi parametri impiegati per descrivere la globalizzazione e le dinamiche delle corporazioni che di essa sono le protagoniste. Sarà anzi utile presentare il crimine asiatico come se fosse una corporazione globale. Ovviamente si tratta di un artifizio illustrativo non solo perché, come vedremo, il crimine asiatico non è una corporazione, ma soprattutto perché è talmente evoluto da aver superato gli stessi concetti di corporazione e di multinazionalizzazione per essere globale.
Simon Caulkin del "The Observer" ha scritto che l'IBM nel 1998 aveva un fatturato di 72 mld USD, più del GDP di circa 40 paesi come le Filippine e la metà dell'Irlanda o dell'Iran, e l'IBM quell'anno era soltanto la 18a in classifica fra le corporazioni globali. Il colosso assoluto era la Mitsubishi-Mitsui con un fatturato di 180 mld USD. Oggi questa maxi-corporazione appare divisa nelle liste, ma conserva il 5° posto con Mitsui (109 mld$) e il 7° con Mitsubishi (107 mld$). Insieme sarebbero di nuovo al 1° posto distanziando largamente la General Motors che è in testa con 161 mld$.
Il Crimine Internazionale Organizzato dispone del più grande ammontare di assetti liquidi al mondo. Le Nazioni Unite e la World Bank stimano l'equivalente del GDP del crimine organizzato in termini di 8-10% del GDP mondiale, di cui la parte maggiore viene dal traffico di droga. Parte dei profitti viene investita nella corruzione di governi, di funzionari statali o d'imprese concorrenti.
Negli USA, preso come esempio per tutti, viene stimato che ogni anno il crimine organizzato riduce il GNP (prodotto nazionale lordo) di 18,2 miliardi di $, riduce l'impiego di 400.000 lavoratori, fa aumentare i prezzi al consumo dello 0,3% e riduce il reddito pro-capite di 77,22$.
Accumulando denaro molto più velocemente di quanto possano spendere, i clan criminali investono in attività rispettabili e riciclano denaro sporco in costruzioni, commercio e nelle borse. Con tali coperture, essi riescono ad infiltrarsi in ogni settore dell'imprenditoria privata e della gestione pubblica.
Fra le organizzazioni criminali, i gruppi del crimine asiatico sono quelli che hanno maggiore potenzialità e attività. Essi appartengono all'area culturalmente definita "grande Cina" - che include Repubblica Popolare cinese, Repubblica cinese (Taiwan), Hong Kong, Macao e la diaspora cinese mondiale - e all'area giapponese. Con i grandi introiti provenienti dal traffico dei narcotici e del gioco clandestino le gang asiatiche hanno iniziato ad operare anche nel campo delle attività semilegali o completamente legali o addirittura governative e benefiche.
Fonti USA di due anni fa stimavano la disponibilità di contanti del crimine asiatico in 200 mld di USD e i profitti netti annuali in 2.000 miliardi di USD. Il GDP della Cina popolare è di circa 1.000 miliardi di USD, lo stesso della diaspora cinese (circa 60 milioni di persone) che dispone di assetti liquidi o rapidamente convertibili per circa 2.000 miliardi di USD.
I circa 100.000 membri del Crimine Organizzato Asiatico (Asian Organized Crime-AOC) costituiscono una forza "produttiva" superiore a quella di moltissimi stati ed un'entità economica che interferisce sostanzialmente sull'andamento economico e finanziario mondiale.
Uno studio del dipartimento della difesa americano ha di recente segnalato che le triadi cinesi possono diventare il più pericoloso gruppo criminale del 21° secolo. Un certo numero di triadi o loro elementi che prima erano basati a Hong Kong e Taiwan si sono ridislocate a Shanghai e nelle aree economiche speciali della RPC.
La Cina comunista, dall'apertura della via cinese al socialismo di mercato, ha riallacciato forti legami con il mondo finanziario e capitalista della diaspora e con le triadi. Spesso questi tre mondi si sovrappongono e non necessariamente in sole attività illegali o criminali.


Gli assi portanti del crimine asiatico sono le cosiddette Triadi dell'area "grande Cina" e la cosiddetta Yakuza giapponese. I modelli culturali di riferimento sono unici per entrambe le tipologie ma non sono esclusivi della criminalità. Questa è una considerazione fondamentale che deve far evitare di considerare tutti criminali coloro che si ispirano a determinati riferimenti culturali.
Il primo parametro culturale di riferimento comune è la famiglia, naturale o allargata. Non è ovviamente un parametro sconosciuto e anche la nostra cultura mediterranea fa riferimento ad esso. Ma se da noi il concetto è in via di estinzione, nella cultura orientale e soprattutto in quella della criminalità è in continuo rafforzamento. Anzi, per la criminalità cinese proveniente dalla mainland è un concetto che viene riscoperto quando la comunità si riforma al di fuori della madre patria. Il regime comunista ha fatto di tutto anche per cambiare i legami familiari e nella Cina moderna non è infrequente assistere a giovani che insultano i vecchi o figli che picchiano i padri. Durante la rivoluzione culturale uno degli incitamenti era proprio quello di denunciare i familiari. Quando i gruppi emigrano si ritrovano tuttavia in comunità omogenee e allora la tradizione confuciana si riafferma. Secondo tale tradizione, la famiglia è la comunanza e la comunicazione fra le diverse generazioni. In questo senso la famiglia non può finire e ne deve essere garantita la continuità. La famiglia è gerarchia e relazione di parentela. Uno non vale per ciò che è, ma per la posizione che ricopre nella famiglia. E' tutta questione di età, generazione e grado di parentela. Il rispetto è sempre dovuto ai più anziani e alla linea più vicina al capostipite. Il rispetto ai membri della generazione precedente è il massimo dovuto. Gli atteggiamenti di affetto, di considerazione o di disprezzo sono proporzionali al grado di parentela. Un marito che dimostrasse per la moglie una considerazione maggiore di quella per la madre sarebbe biasimevole.
"Il rispetto dovuto ai genitori non è rivolto ad essi in quanto individui: risponde a una sorta di culto che fa astrazione dalla loro personalità e prefigura già il culto degli antenati. E' un sentimento anonimo, impersonale ed eminentemente trasferibile... La famiglia è scuola di vita per l'inserimento nella grande società, perché la società intera deve la sua coesione alle relazioni fra uomo e uomo e non c'è principio astratto che la governi. Da questo, un bisogno accentuato da parte di tutti di assoggettarsi a uno più potente in cambio della sua protezione e di legarsi agli uguali con lo scambio di doni e servizi. L'individuo non può vivere isolato. Più relazioni possiede, più ne possiede la sua stessa famiglia, più la sua dignità è manifesta agli occhi propri e altrui, più cresce il suo senso di sicurezza. Non solo tutti quelli che portano lo stesso cognome - e non ci sono che una trentina di cognomi correnti - si sentono legati da mutui doveri, e il loro sentimento di affinità impedisce loro di contrarre matrimoni, ma ciascuno può crearsi del legami artificiali di parentela con un estraneo, integrarlo nella propria famiglia e farne il proprio fratello d'adozione. La società nel suo insieme non è che una vasta rete di relazioni fra famiglia e famiglia e fra uomo e uomo. Soprattutto quando è potente, la famiglia cinese è un organismo tentacolare" (2) .
Nella società giapponese e nella criminalità del boryokudan (il nuovo nome della Yakuza) il modello familiare tradizionale è estremamente rigido e rispettato. Una famiglia criminale è strutturata come una reale famiglia tradizionale. C'è un padre, ci sono molti figli, fratelli, cugini (naturali o d'adozione). Ciascuno dei figli a sua volta può avere figli o affiliati per i quali lui è il piccolo padre. Il padre è il capo indiscusso della famiglia, decide della vita o della morte e nessun appartenente alla famiglia teme di morire per la famiglia o per il padre. Chi vuol far parte della famiglia deve diventare un figlio e il rito d'ingresso si chiama "Sakazuki" : il padre autorizza il neofita a bere sakè dalla sua stessa tazza.
Una tipica famiglia criminale giapponese ha da 20 a 200 membri che con le rispettive famiglie naturali porta ad agglomerazioni di migliaia di individui.
Le società criminali cinesi, comprese quelle più tradizionaliste, sono molto più flessibili e in genere il rapporto tra i membri non è impostato sulla relazione padre-figlio, ma su quella, sempre di origine confuciana, di fratello maggiore-fratello minore. La differenza non è poca. La criminalità cinese ha eliminato la componente di culto nei rapporti reciproci. Nulla è sacro. L'estensione relazionale, più orizzontale che verticale, necessariamente favorisce le agglomerazioni temporanee e le associazioni fra pari. Più che il legame sacro c'è quello del prestigio che a sua volta è espressione della rete di conoscenze e associazioni che si possono realizzare. Il sistema cinese, molto più di quello giapponese, è elastico, aperto, dinamico e si fonda sul guanxi: la rete delle conoscenze personali. Nella mentalità orientale la stessa appartenenza al guanxi ha un valore intrinseco a prescindere dai vantaggi materiali che se ne possono ricavare. Il guanxi è elemento di potere in sé e un lontano cugino in America fa diventare americani tutti i membri del clan e dei suoi amici. Il guanxi è elemento di contrattazione e credibilità. Nessuno si sognerebbe di dare un peso irrilevante alla parola di un altro che possa vantare un personaggio noto nel proprio guanxi.
Altro parametro culturale è la mutua assistenza. Se la società è un agglomerato di famiglie, la solidarietà non è un'espressione del sentimento, ma un diritto/dovere di tutti. Si ha il diritto di chiedere e si ha il dovere di chiedere. Chi ha bisogno e non chiede si mette al di fuori del regime solidale della società e non appartiene più ad essa. La criminalità orientale si avvale di questo fattore per coinvolgere le comunità nelle proprie attività illegali oppure per estorcere denaro con qualsiasi pretesto solidaristico.
C'è poi il principio dell'obbligo a restituire un favore (chiamato Giri dai giapponesi) e il Ninjo, la compassione per il debole. Il primo è ovviamente un impegno morale particolarmente favorevole alla criminalità, il secondo è sviluppato soprattutto in Giappone dove all'insegna della compassione per il debole le diverse gang della yakuza si fanno guerre continue.
Se i principi sono gli stessi e rimandano alla cultura sinocentrica, la loro applicazione è diversa a seconda del gruppo etnico o sociale e ne derivano modelli di comportamento differenti. In generale, quello giapponese è più schematico, metodico e rigido mentre quello cinese è più elastico e accomodante. Il modello cinese è predominante anche in altre etnie non cinesi come i vietnamiti, i tailandesi e i malesi. I cinesi non hanno difficoltà a trovare punti di congiunzione con altre etnie e in Australia è stata accertata l'affiliazione di vietnamiti, ciprioti, indiani e libanesi. La guerra fra fazioni cinesi o fra triadi è un fatto eccezionale mentre quella fra organizzazioni Yakuza è quasi costante.
L'alleanza fra diverse organizzazioni criminali per i gruppi giapponesi è molto difficile e laboriosa mentre è estremamente facile per i cinesi.


Un rapporto statunitense del 1992 riferiva al Congresso: "L'Agenzia Nazionale giapponese di Polizia si riferisce alla Yakuza con il nome Boryokudan, che significa "i violenti". Questo nome ha sostituito l'etichetta storica Yakuza un termine dello slang giapponese che i membri della malavita utilizzavano per dare l'immagine di "vittime di ingiustizia o persecuzione". Gli appartenenti al Boryokudan sono stimati in 88.300, ma potrebbero essere dieci volte tanti se si considerano le varie associazioni che comunque collaborano con loro. Il Boryokudan esercita una enorme influenza in Giappone ed è penetrato in molti aspetti della vita giapponese guadagnando enormi profitti illegittimi e reinvestendo in affari legali. Il Boryokudan è diventato molto attivo anche a livello internazionale, particolarmente nel riciclaggio globale di denaro e nel traffico dei narcotici. La Polizia giapponese valuta che il Boryokudan guadagni circa 10 miliardi di US$ all'anno, un terzo del quale proviene dal traffico di droga.
Negli ultimi 30 anni il crimine si è espanso oltremare. Già attivo in Corea a partire dalla fine della 2a GM le operazioni di prostituzione e traffico erotico sono esplose negli anni ‘70. Il Boryokudan ha internazionalizzato il sesso portando prostitute americane e hawaiane in Giappone e di qualsiasi etnia in Corea, Taiwan, Filippine, Thailandia e poi in sud-America, Europa e USA. Boryokudan è responsabile dell'introduzione nelle Hawai dei cristalli di metanfetamine chiamati "ice" (ghiaccio). Esponenti del Boryokudan visitano regolarmente Las Vegas e, in misura minore, Atlantic City, le due metropoli del gioco. Il Boryokudan ha tenuto negli USA un profilo basso nelle operazioni di estorsione anche se membri del Sekoiya - il gruppo dedicato a tali operazioni - si sono visti durante riunioni dei consigli di amministrazione della Bank of America e della Chase Manhattan Bank nei primi anni '80.
Un commento della stampa recente riferisce che il trend del Boryokudan è chiaro: si sta snellendo e diventando più cattivo. Come le compagnie industriali, si sta riorganizzando in chiave moderna. I più deboli e incapaci vengono eliminati mentre i forti diventano più forti. I tre maggiori gruppi appaiono stabili come sempre.
I boryokudan odiano essere insultati o essere coinvolti in azioni disonorevoli. La reputazione o la faccia è la cosa più importante. La reputazione si basa sul grado di paura che l'individuo in quanto tale riesce ad incutere. Ogni appartenente alla Yakuza farà di tutto per apparire e dimostrarsi determinato e feroce. La Yakuza non è fatta di assassini di professione ma di abilissimi intimidatori. Sanno individuare le debolezze altrui. Il codice etico del Boryokudan impedisce l'assassinio dei katagi (non membri), ma non lo stupro o altre nefandezze. La loro potenza in molti casi non ha neppure bisogno della violenza: un mezzo di pressione sui negozianti è quello di ostentare la presenza criminale nei pressi del negozio. Gli affari crolleranno.
In Giappone la Yakuza gode fama popolare di invincibilità.


Sono così chiamate tutte le società segrete criminali cinesi. Si usa il termine Triade come si usa il termine Mafia per individuare tutta la criminalità generando l'idea di una organizzazione centralizzata, globale, gerarchicamente articolata con un solo vertice individuale o collegiale. E' una semplificazione che può fuorviare.
Le società segrete cinesi non sono state e non sono tutte criminali; non tutti i criminali cinesi sono associati secondo i principi delle società segrete; le associazioni criminali cinesi non fanno capo ad una sola organizzazione centrale; la rete criminale di cinesi non è strutturata; ogni associazione ha un proprio nome e proprie caratteristiche.
Struttura e organizzazione
Le organizzazioni criminali cinesi mantengono fortemente il segreto e i membri sono legati da lealtà reciproca e rispetto della relazione confuciana tra fratello maggiore e fratello minore (Dai-lo, Sai-lo in cantonese) dove il minore dà lealtà, sostegno e talvolta denaro al maggiore in cambio di protezione e consigli.
Sebbene nelle prime fasi le triadi possano aver avuto un controllo centralizzato che fungesse anche da centro amministrativo, per gran parte della storia ogni società ha operato come unità autonoma, con autogoverno e senza rispondere ad alcuna autorità al di fuori degli ordini dei propri dirigenti. In qualche regione o località esse hanno dei sottogruppi o delle branche operative, ma al contrario di molte altre organizzazioni criminali o società segrete o semi segrete, non hanno mai una centrale amministrativa ed un quartier generale. Perfino le singole società raramente possono dire di avere un posto singolo come base della fratellanza. Finora si conosce un solo edificio specificamente eretto per una triade. E' un edificio di Penang il cui esterno fu fotografato dalla polizia negli anni ‘30. Esistono anche poche foto di posti in cui si riuniscono i membri della triade per cerimonie. Ad Hong Kong, un posto di questo genere scoperto dalla polizia si è rivelato particolarmente squallido. Una stanza di 20 mq con sedie e tavoli ammonticchiati, un tavolo per altare con l'immagine di GuanTi (una specie di santone della guerra), qualche candeliere e mozzicone di candela. Qualche arma impropria tipica delle bande da strada.
In genere non esistono luoghi di riunione permanente e non esistono testimonianze sulle cerimonie da parte di membri. L'unica descrizione attendibile di un'iniziazione riportata in uno studio di Morgan (3) è interessante come reperto storico perché dal 1960 in poi il rituale è quasi del tutto cessato o cambiato.
Una loggia è la simbolica rappresentazione della città di MukYeung, detta anche la Città dei Salici, che è stata il primo luogo di installazione della triade.
I rituali d'iniziazione sono sorprendentemente uguali in tutto il mondo a prescindere dal tipo di triade. Per quanto possano essere in contrasto fra loro, in lotta o competizione per il controllo di un'attività o di un territorio, c'è una sostanziale unità contro tutto ciò che rappresenta il potere o la polizia.
Nel passato, ogni società era tenuta ad una severa disciplina e cerimoniale nell'ambito di una rigida struttura gerarchica. Oggi la struttura originaria è molto rara e, nella sua forma completa, comprende:
- Shan Chu: o Signore della Montagna, detto anche colloquialmente il Lung Tau o Testa del Dragone; la sua parola è legge, la sua responsabilità è di esercitare l'autorità su tutti i membri. E' detto anche il Tai-lo, fratello maggiore;
- Fu Shan Chu, il vice, che lo sostituisce in sua assenza. Entrambi sono eletti dai membri della società o Loggia. E' detto anche I-lo, secondo fratello maggiore;
- Heung Chu: o Maestro d'Incenso. Allo stesso livello c'è il Sin Fung o Avanguardia. Entrambi amministrano i riti, le promozioni e le elezioni, il controllo dell'iniziazione e le punizioni;
- sotto di loro si trovano un certo numero di Sheung Fa (Doppio Fiore), membri anziani che spesso si sono ritirati da posizioni più importanti. Sono responsabili di dipartimenti di attività, controllano il lavoro di routine e se vi sono suddivisioni in branche possono essere a capo di una di queste. Tali branche hanno i propri dirigenti ma fanno riferimento alla loggia madre per le cariche e le funzioni di Signore dell'Incenso e Avanguardia. Uno Sheung Fa a capo di una branca o di un sottogruppo, o il suo capo, se non è un funzionario della loggia madre, è chiamato Chu Chi e il suo vice Fu Chu Chi. Alcune società hanno un Cha So o Tesoriere, ma non è consueto. Le finanze sono controllate in genere dallo Shan Chu.
Sotto il livello di Sheung Fa, ci sono tre tipi di funzionari aventi stesso rango:
I Hung Kwan, il Palo Rosso, il comandante delle unità da combattimento, che controlla unità fino a 50 guerrieri. Egli stesso è un combattente ben addestrato nelle arti marziali. Il Palo Rosso è il braccio armato della società;
I Pak tsz Sin, il Ventaglio di Carta Bianca, è un funzionario amministrativo, che tiene i libri contabili e custodisce la cassa. Istruito, ha esperienza commerciale legale e fiscale. In genere è sulla via della promozione a Maestro d'Incenso e s'interessa anche dell'assistenza dei familiari dei membri della società uccisi o detenuti;
I Cho Chai, Sandalo di Paglia, una specie di segretario della società che organizza incontri, alleanze con altre società, supervisiona gli affari e assicura la raccolta dei fondi. E' anche l'uomo che ha contatti con il mondo esterno come una sorta di addetto alle pubbliche relazioni.
alla base della società vi sono i Sze Kau o 49, che rappresentano la forza lavoro della triade.
Oltre ai nomi, i gradi dei membri della società sono individuati da numeri di codice che cominciano sempre con 4 (il numero che individua i confini del mondo: i 4 mari). L'accostamento dei numeri è in funzione cabalistica ed è sempre un segno di individuazione e di espressione di posizione gerarchica.
- Shan Chu = 489 (4 + 8 + 9 = 21, 3 creazione x 7 fortuna e morte).
- Fu shan chu , Heung Chu, Sin Fung e Sheung Fa = 438 (15, 3 x 5 preservazione, longevità).
- Hung Kwan = 426 (4 x 26 + 4 = 108 monaci combattenti della dinastia Song); 108 sono anche i grani del rosario buddista.
- Cho Chai = 432 (4 x 32 + 4 = 132 monaci di Shaolin che combatterono contro gli Eleuti per conto dei Qing).
- Pak tsz sin = 415 (origine della calligrafia cinese).
- Sze Kau = 49 (36 = 4 x 9) i giuramenti del rito d'ingresso. 36 è anche il massimo dello Yin.
Le triadi moderne hanno perduto quasi completamente la struttura tradizionale e o hanno mantenuto soltanto le prime 4 posizioni o le hanno abbandonate per costituire un presidente e una coppia di assistenti e tutti gli altri al di sotto hanno eguale rango ad eccezione dei 49.
I riti d'iniziazione, una volta cerimoniosi e complicati, oggi sono quasi del tutto abbandonati e l'ingresso in una triade avviene con la presentazione di un membro, il pagamento di una quota e il giuramento di fedeltà alla società. Il rito abbreviato non ha tolto significato all'appartenenza: la fellonia o il tradimento sono impensabili e non esistono tracce di pentiti tra i membri della triade. Spesso gli stessi confidenti della polizia dicono ciò che fa comodo all'intera organizzazione.
Dal punto di vista operativo vige un alto grado di decentramento che consente ad ogni membro o a piccoli gruppi di gestire in piena autonomia le proprie attività, di fare alleanze temporanee su base locale e delegare determinate attività ad altri gruppi senza che i propri membri siano coinvolti direttamente. Allo stesso modo viene gestito in maniera decentrata il trasferimento di fondi, l'intelligence operativa e il reclutamento di talenti, con sistemi ad hoc basati sul concetto del guanxi cinese (rete delle conoscenze) e dell'hawala, il sistema di segnali non scritti (gesti, bolli, timbri, codici cifrati, ecc.) che serve sia come legame di appartenenza sia come mezzo di comunicazione per assunzioni, pagamenti, contratti a sicari, trasferimento di valuta o di droga o di altri beni o merce, come prostitute, lavoratori e immigrati. Il sistema delle telecomunicazioni mondiali in un primo tempo aveva fatto sembrare questi mezzi superati e per un certo periodo i telefonini e internet avevano sostituito le comunicazioni in codice tradizionali. Oggi tali sistemi sono stati ripresi perché ritenuti sicuri e perché tengono asservita in maniera fisica oltre che psicologica i membri. Comprendere il sistema dei segnali è molto difficile e c'è bisogno di una profonda conoscenza dell'ambito culturale oltre alla disponibilità dei membri a cooperare (cosa quasi impossibile).


Le società giapponesi e della triade oggi esistono per fare soldi. Qualsiasi motivazione patriottica, religiosa, di reciproca assistenza, di fratellanza o politica abbiano avuto nel passato oggi è superata dallo scopo di fare denaro. La criminalità asiatica è coinvolta in ogni aspetto del crimine. Quella giapponese è particolarmente forte in Giappone e Corea. All'estero la Yakuza si espande infiltrandosi nelle corporazioni.
Esistono, a grandi linee, tre livelli di attività:
- affari e crimini da strada (talvolta l'affare non è crimine, ma è collegato alla sussistenza della triade), condotti dai Gurentai in Giappone e da Pali Rossi e 49 nelle triadi;
- attività criminali di medio livello (import-export illegali, ingrosso droga e contrabbando, controllo d'area, ecc.) condotte da funzionari di livello 426 e 432;
- attività di alto livello, di carattere imprenditoriale, condotte da alti esponenti.
A prescindere da dove opera, la criminalità cinese è innanzitutto (in senso temporale e in senso di priorità) predatrice delle comunità cinesi.
Dove c'è una comunità, per quanto piccola, c'è una organizzazione criminale che la sfrutta. Assieme alle attività commerciali si sviluppa l'interessenza della triade nelle attività di sostegno, quali trasporti, assistenza commerciale, evasione fiscale, fatturazione, raccolta del denaro degli incassi, custodia e investimento.
Le attività più significative, dal livello più basso a quello più alto, comprendono:

Controllo territoriale
E' la base dell'organizzazione criminale e quella cinese si avvale dei Pali rossi e dei 49, in genere giovinastri nullafacenti e bulletti, ma estremamente pericolosi. Si esercita con l'esazione dei diritti di locazione, protezione, carico e scarico, parcheggio nei quartieri controllati.

Estorsione
E' il crimine più comune ed è esercitato anche ad altissimo livello ai danni di società e addirittura di organi governativi da parte sia delle triadi sia della Yakuza.

Vendita al dettaglio di narcotici
L'eroina è solitamente venduta in monodosi confezionate in cannucce di plastica per bibite della lunghezza di circa 2 cm chiusa alle estremità a caldo. Forniture più consistenti, sempre di dettaglio, possono essere in sacchetti di plastica del peso da 1 a 28 grammi di prodotto in polvere o in cristalli. Un altro metodo è l'inserimento in bottigliette o scatoline di medicinale cinese da 2 g (po chai).

Prostituzione
La tratta delle bianche è una specialità dei cinesi e dei giapponesi che esportano in tutto il mondo ragazze dalla Cina, dalla Tailandia e dalle Filippine. Per le esigenze dei ricchi cinesi nelle varie comunità mondiali, le triadi, in combutta con capi villaggio e poliziotti della campagna cinese, esportano ragazzine minorenni.

Furti e rapine
In genere si tratta di effrazioni con destrezza. Un mercato abbastanza recente della criminalità asiatica è quello del traffico di opere d'arte, del furto di materiali sensibili quali precursori di aggressivi chimici e forse di materiali d'interesse militare. La Yakuza ufficialmente ritiene vergognose tali attività, ma gli yakuza non affiliati o i Gurentai non le disdegnano soprattutto se su commissione.

Rapimenti, usura, gioco d'azzardo, contraffazione
Alle attività appena citate, per così dire tradizionali, che principalmente si riferiscono al livello medio basso si aggiungono vecchie e nuove attività più sofisticate o più complesse gestite da livelli medio alti.
La contraffazione è passata dalle monete ai Rolex o alle uova di dinosauro. Già storico è il fatto della contraffazione di marchi e prodotti di firma. Hong Kong è stata famosa per la contraffazione di centinaia di prodotti su scala industriale condotta dalla triade del 14K. L'ultimo affare è la contraffazione di software per computer. Nel 1996 dei 523 milioni di applicazioni in uso nel mondo ben 225 milioni erano contraffatte con un danno complessivo di circa 11 miliardi di USD.

Film e audiovisivi
E' il settore venuto alla ribalta con i film di Bruce Lee, ma la dimensione reale dell'affare è misurabile soltanto percependo quanto materiale viene prodotto per il mercato asiatico dei soap opera, dei serial e degli spettacoli. Le organizzazioni criminali controllano quasi ogni settore dell'industria e sono rari gli attori che non devono protezione o le case di produzione indipendenti. Per quanto riguarda la commercializzazione, ogni comunità cinese ha per proprio uso e consumo negozi di video cassette/CD con la riproduzione degli spettacoli della terra d'origine.
I film sono un potente veicolo culturale della tradizione etnica e i negozi di home video sono anche il mezzo per la diffusione della pirateria.

Contrabbando
Quello delle sigarette è il più consistente e in Asia è noto che diversi capi di stato sono stati collegati con il contrabbando delle triadi. Marcos delle Filippine aveva contatti con i contrabbandieri del clan di Tsai (Chua in fujianese), tramite i quali importava anche armi per la lotta anticomunista, e con Lino Bocalan, un contrabbandiere al servizio della CIA e del Guomintan. Membri del clan furono dirigenti della Banca delle Comunicazioni di Manila, che era una branca della stesso istituto basato a Taiwan. Anche i presidenti Elpidio Quirino e Macapagal erano imparentati o connessi con i clan cinesi dei contrabbandieri. A partire dagli anni ‘80 il contrabbando e la pirateria si sono messi al servizio della Cina comunista procurando beni che in Cina non erano disponibili. Un antico e rinnovato filone di contrabbando è quello di opere d'arte e reperti archeologici.

Tratta degli immigrati
Per qualsiasi scopo: dalla prostituzione allo sfruttamento della mano d'opera ai matrimoni combinati.

Mercato della mano d'opera
Riguarda una sorta di caporalato avanzato con la fornitura e la mobilitazione di forze lavoro di varia specializzazione. In Italia il fenomeno è in pieno sviluppo, ma è limitato al settore manifatturiero. Lavoratori del settore tessile e pellettiero, ma anche i collaboratori domestici, sono gestiti, acquistati e venduti attraverso tale sistema. Il fenomeno è invece di immense proporzioni in Asia dove tutte le imprese devono rivolgersi alle organizzazioni criminali per la mano d'opera.

Produzione e distribuzione di droga
Nel campo dei narcotici la criminalità asiatica controlla tutta la produzione di oppio del triangolo d'oro e del sud est asiatico. Quella cinese, sostenuta dalle gang tailandesi, birmane, laotiane, vietnamite ecc. controlla la maggior parte della produzione e distribuzione dell'eroina. In Europa, il paese che tradizionalmente ha aperto il traffico di eroina asiatica è stata l'Olanda. La Yakuza giapponese ha sviluppato un fiorente mercato per l'ice, metanfetamina in cristalli, in Giappone e fuori di esso. La criminalità asiatica attualmente si sta espandendo nell'Asia centrale, in Russia e attraverso queste aree in Europa. In questa espansione è già venuta a contatto con l'area islamica afgana, che alimenta il traffico attraverso il Tajikistan, l'Uzbekistan e il Turkmenistan, e con la zona caucasica di produzione di narcotici: "la luna crescente d'oro" controllata dalle mafie russe. Non è detto che nella destabilizzazione politica di queste aree non abbiano influenza anche i conflitti o le alleanze d'interessi delle criminalità a confronto. Un altro campo di recente applicazione è la fabbricazione di droghe della nuova generazione "da laboratorio" delle quali i russi sono stati pionieri. Tali droghe sono la migliore prospettiva del futuro delle mafie di tutto il mondo e presentano la caratteristica di essere globali, nel senso che non sono legate alla produzione agricola o industriale di certe aree geografiche e climatiche. Inoltre sono di facile produzione e i suoi componenti non sono illegali o, al limite, non si possono nemmeno considerare droghe fino a quando non vengono miscelati in cocktail. La loro individuazione è veramente difficile e presentano la caratteristica di unire il legale all'illegale secondo una catena parallela alla produzione, alla distribuzione e al consumo. La produzione dei componenti è legale e può essere fatta in normali laboratori concentrati in zone insospettabili; la produzione dei cocktail è illegale, ma può essere decentrata fino alla nebulizzazione coincidente con i singoli consumatori.

Spionaggio e attività eversive
In questo campo non si sono avute recenti prove di attività. Le accuse che il rapporto Cox ha mosso nei confronti dei cinesi nel quadro dello spionaggio militare e industriale sono ancora basate su ipotesi. Tuttavia, i precedenti storici parlano di compromissioni di vari governi e dei loro servizi segreti con le organizzazioni criminali asiatiche soprattutto durante la lotta al comunismo nel sud-est asiatico. Sono anche certi i contatti governativi con intermediari delle triadi per il contrabbando di armi, per lo smaltimento di rifiuti tossici e per altre attività legate più o meno direttamente a disegni destabilizzanti di questo o quel governo. Sotto il profilo prettamente culturale è quindi del tutto plausibile che le associazioni criminali asiatiche possano diventare strumenti delle attività statali all'estero connesse con il controllo politico, la penetrazione commerciale e lo spionaggio o il sabotaggio istituzionale o industriale.
Per quanto riguarda il terrorismo, la criminalità cinese, famosa per le insurrezioni in patria, non sembra intromettersi in questioni politiche all'estero e non si basa sul fanatismo né ideologico né religioso. Confucianesimo, taoismo, buddismo e altre sette non costituiscono la base per sommovimenti ideologici. La natura dei legami territoriali, di clan e familiari con la madrepatria rende comunque le organizzazioni criminali vulnerabili alle eventuali richieste di "prestazioni" da parte delle autorità o dei servizi d'intelligence anche tramite agenti diplomatici. Inoltre, la natura pragmatica dell'approccio cinese agli affari rende le triadi estremamente disponibili a qualsiasi impresa, compreso lo spionaggio. L'articolazione in senso orizzontale della rete della criminalità costituisce una delle garanzie più forti di non coinvolgimento verticale nell'eventualità di fallimento o denuncia. Di diversa natura, in questo caso, è la criminalità giapponese che è stata direttamente coinvolta nelle attività delle sette giapponesi del tipo Aum Shirinkyo che hanno dimostrato di avere matrice politica e di prestarsi a destabilizzazioni istituzionali in patria e all'estero.
Per contro, la criminalità giapponese non sembra avere supporto da parte dei propri organi diplomatici e consolari all'estero. Esiste un forte controllo in patria di tutti i funzionari. Non si può tuttavia escludere che, proprio a causa dei grossi collegamenti d'interesse fra criminalità asiatica e gruppi industriali e finanziari nazionali o multinazionali giapponesi, i funzionari delle ambasciate, direttamente o indirettamente, facciano gli interessi dei gruppi criminali.
Da parte sua, la criminalità cinese, riesce a coinvolgere sul piano culturale e pratico anche i membri della comunità diplomatica. Le sedi diplomatiche cinesi sono i riferimenti del potere imperiale nel paese. I cinesi delle comunità locali sono soggetti a tale potere imperiale culturalmente e psicologicamente. Possono non avere rapporti con nessuno dei funzionari, possono non conoscersi, ma nel momento in cui un funzionario si qualifica come tale il rispetto e l'obbedienza sono garantiti. Il potere imperiale controlla le famiglie in patria, ha potere di vita e di morte sui propri parenti. Talvolta è connesso e connivente con la criminalità e con la polizia (in molti casi tutt'uno e nei restanti casi di uguale natura). Se un membro dell'ambasciata ha bisogno di informazioni o di prestazioni può tranquillamente chiedere a qualsiasi membro della comunità e otterrà. A prescindere se sia un immigrato illegale o un residente registrato. Non sempre è vero il contrario. Se uno qualsiasi della comunità ha bisogno del supporto ufficiale può chiedere (ma in genere non lo fa) ai funzionari i quali sono disponibili soltanto se il favore viene restituito con una catena di dipendenza alla quale non c'è limite. Se l'immigrato non è in grado di contattare i funzionari perché teme le loro ritorsioni, si rivolge a qualcuno che può farlo e la rete si apre comunque. Il ciclo vizioso delle conoscenze, del guanxi e del favore per favore, ricatto per ricatto può apparire un elemento negativo che dovrebbe essere evitato a meno di estrema necessità. Non è così: i cinesi fanno a gara per conoscere e farsi conoscere, per fare e ricevere favori. La loro vita individuale non avrebbe senso se non potessero dimostrare di non essere mai soli. Il sistema è la stessa vita psicologica e sociale e perciò è inattaccabile e irremovibile. Per questo la rete è affidabile e il pentitismo all'estero è un fenomeno sconosciuto. O almeno esso è possibile soltanto se la comunità non è concretamente stabilita.
La comunità ufficiale cinese tratta con molta arroganza tutti i propri connazionali all'estero, a meno degli individui che hanno denaro, potere o soltanto influenza nel paese ospite o nell'ambito della comunità. I dirigenti delle organizzazioni criminali, triadi o tong o qualsiasi altra cosa, sono i primi tra questi e quindi sono rispettati e temuti. Gli inviti alla festa del 1° ottobre o di eventi in occasione di visite ufficiali di esponenti cinesi sono basati sul rapporto d'influenza. Un'occhiata a tale lista potrebbe dare la sensazione di chi conta nell'ambito della comunità. In tutti i sensi.


Percorrendo ora le tappe concettuali della globalizzazione si può effettuare la verifica finale di come cultura, struttura e organizzazione della criminalità asiatica siano in effetti pienamente compatibili con la globalizzazione e anzi riescano a superare le più grandi difficoltà che essa incontra nell'espansione. In particolare per quanto riguarda:
Parametri e corollari della globalizzazione
- Impianto ideologico e sistema: quelli della criminalità asiatica sono da sempre basati sul massimo profitto, sul mercato e sull'indifferenza per le frontiere.
- Primato della crescita economica: è la chiave dell'espansione asiatica.
- Celebrazione dell'impresa: i giapponesi sono diventati i maestri della cultura imprenditoriale e non esiste cinese che non abbia un biglietto da visita sul quale non sia scritto che lui è manager o presidente di qualcosa (spesso di se stesso).
- Privatizzazione: il crimine è per antonomasia privato anche quando si è infiltrato nel pubblico. Le leggi a cui risponde sono soltanto quelle della propria impresa. Il crimine asiatico è un'immensa impresa privata familiare.
- Abbattimento delle barriere commerciali e doganali: la criminalità asiatica di stampo giapponese si muove al di fuori del Giappone con le proprie corporazioni legali o di facciata. Un mondo senza frontiere fatto per le corporazioni è fatto anche per essa. La criminalità cinese non ha bisogno di attendere la deregolamentazione per fare affari: da tempo ignora ed elude le frontiere traendo da questo motivo di lucro e potere. Con l'abbattimento delle barriere le si apre l'opportunità di fare legalmente quello che è costretta a fare illegalmente. In questo senso si può riorganizzare e meglio riciclare o reinvestire le immense liquidità di cui dispone.
- Liberazione dei controlli sui movimenti valutari: è la chiave del riciclaggio.
- Deregolamentazione: dà una mano all'elusione dei sistemi di controllo e all'evasione fiscale.
- Unificazione dei bisogni e standardizzazione dei consumi: la criminalità porta soltanto ciò che il mercato richiede e attiva bisogni pratici che la società sviluppa a livello teorico.
- Annullamento delle opposizioni: questa attività che per la globalizzazione è un freno, per la criminalità è ininfluente. Corruzione, estorsione ed elusione permettono di aggirare le opposizioni.
- Economia casinò: nulla è più portato per la speculazione in qualsiasi campo della criminalità asiatica. Se la globalizzazione costruisse un mondo casinò lo avrebbe fatto per i cinesi e i giapponesi. Se non ci pensiamo noi ci hanno già pensato loro.
- Differenze culturali: questo che è un ostacolo basilare per la globalizzazione è un non problema per la criminalità asiatica. Quella giapponese all'esterno del paese si esprime come una qualsiasi corporazione. Quella cinese di alto livello agisce con le stesse modalità mentre quella di livello medio-basso si diffonde da punto a punto nell'ambito delle proprie comunità. Non ha bisogno di scontrarsi e anzi evita lo scontro con le altre culture. L'espansione soft e l'allargamento della potenza sono raggiunti con le alleanze e la fornitura di servizi agli altri piuttosto che con lo scontro armato o violento.


E', anche intuitivamente, la caratteristica della criminalità asiatica. L'elemento etnico, familiare, clanico, di guanxi è talmente accentuato che funziona da matrice culturale universale. Con la globalizzazione, l'espansione dell'ideologia del mercato ha fornito un nuovo e più attivo propulsore per la criminalità asiatica che comunque già si trova sul mercato globale con un modello più avanzato: quello localistico. Il tribalismo asiatico è d'elite alla stregua di quello americano secondo la classificazione di Naisbitt, ma è anche tribalismo in senso letterale. Un esempio è il gruppo Teochiu che gestisce la più ricca e potente multinazionale del sommerso. Tutti i Teochiu sparsi nel mondo sono legati dalla stessa origine e dallo stesso dialetto in quanto provengono da sette villaggi (o distretti) nei dintorni di Swatow a nord di Hong Kong. Oggi esistono sette diverse associazioni di Teochiu che fanno riferimento ai sette villaggi originari. Le più potenti sono Mei Hsien, Chin Hai, Yao Ping, and Chao Yang che hanno attività aperte e legali e altre nascoste e illegali. In ognuna di queste associazioni vi sono sottogruppi che provengono da singole contee dei distretti. Ad Hong Kong il gruppo Teochiu è conosciuto anche come fratellanza Chiu-Chao. Diversi milioni di cinesi espatriati sono Teochiu e rappresentano il più ricco gruppo etnico in Asia. Quattro o cinque gang di Teochiu dominano il mercato dell'eroina per un traffico stimato a 200 mld$ nel 1990 ed oggi quintuplicato. La più grande concentrazione di Teochiu è a Bangkok. Uno dei più famosi Teochiu era Chin Sophonpanich, fondatore della Bank of Bangkok e della Commercial Bank of Hong Kong. Chin è morto nel 1988 ma il suo figlio maggiore Robin Chan ha ereditato la Commercial Bank of Hong Kong, ed il minore Chatri Sophonpanich la Bank of Bangkok.


Il crimine organizzato asiatico è una palestra di talenti se non altro perché impone attività rischiose e sempre connesse con la lotta. Inoltre, è alla ricerca continua di talenti per sviluppare nuove attività ed inserirsi nel mercato globale con gli strumenti adeguati.
Talenti sia nella gestione pratica delle attività illegali, sia nella gestione strategica. In questo campo l'Asia è una miniera di talenti in ogni tipo di settore da quello brutale dell'esercizio della violenza, a quello sofisticato delle falsificazioni e delle estorsioni a carattere finanziario ed informatico. Le maggiori imprese di accounting sanno benissimo che possono pagare un dipendente statunitense fino a 80 mila USD all'anno mentre possono avere un account indiano o cinese o malese per meno di 8.000. La criminalità asiatica può controllare e sfruttare questa potenzialità in maniera più diretta e spregiudicata.


La criminalità asiatica controlla l'ambiente e a modo suo garantisce sicurezza e stabilità. Inoltre, ha da tempo risolto il problema della mano d'opera. Non ha bisogno d'andare in giro per il mondo a cercare le situazioni più vantaggiose: trasporta direttamente le persone dove serve la produzione. Le fa lavorare senza vincoli d'orario e senza accordi sindacali o minimi salariali o rispetto delle condizioni di sicurezza del lavoro e senza neppure preoccuparsi delle ritenute previdenziali. La mutua assistenza nei riguardi dei colpiti da disgrazia o delle vittime delle forze dell'ordine è assicurata dalla stessa organizzazione e dalla solidarietà del gruppo sia criminale sia etnico.


L'economia di scala della criminalità non è soltanto assicurata dalla gestione diretta delle fonti delle materie prime in qualsiasi parte esse siano più convenienti, ma proviene dalla standardizzazione dei prodotti (tipo di eroina, tipo di armi, ecc.), dall'abbattimento dei costi di produzione e dall'efficienza della rete di distribuzione.


La ricerca di paradisi fiscali non è un problema per la malavita che ovviamente non paga tasse sulle imprese criminali. Anzi, proprio dai sistemi fiscali dei vari paesi essa trae ogni beneficio per non pagare le tasse neppure sulle attività lecite o per riciclare denaro sporco. Come si è citato, le organizzazioni criminali, direttamente o tramite corporazioni di copertura, sono in strettissimo rapporto con molti governi e riescono a spuntare agevolazioni e trattamenti particolari anche sul piano fiscale.


L'esempio citato del modello della Coca Cola potrebbe apparire non attagliato alla criminalità asiatica che sembrerebbe non aver bisogno di marketing e pubblicità. Non è vero. L'immagine della criminalità organizzata è forse stato l'elemento portante della sua evoluzione in senso moderno e tecnologico negli ultimi 20 anni. La stessa mafia americana deve molto alla serie di nuove immagini fornite dai media e dal cinema con le serie del padrino. Il libro di Mario Puzo non è tanto la segnalazione e denuncia di un mutamento di atteggiamento e di organizzazione della mafia americana. E' in realtà il precursore, quasi che voglia indicare alla criminalità d'origine italiana, dove deve andare e comunque a quali radici sempre fare riferimento. Per quanto riguarda la criminalità asiatica, l'alone di segretezza, i film di Hong Kong, Bruce Lee, hanno voluto dare una immagine globale della criminalità cinese tradizionalista, spietata ma coerente con i codici di comportamento. Hanno voluto deliberatamente riportare alla coscienza atteggiamenti dimenticati, specialmente da parte di una massa enorme di emigrazione (ondate degli anni ‘70 con la rivoluzione culturale, degli ‘80 con Tiananmen) che dopo 20, 30 anni di comunismo non avevano più dimestichezza con i codici delle società segrete e tendevano a non allinearsi alle regole che trovavano nelle comunità di Hong Kong o d'oltremare.
Come se non bastasse, noi stessi ci siamo fatti promotori della diffusione della cultura criminale. I primi prodotti televisivi culturali italiani esportati in Giappone e Cina sono state le serie televisive della Piovra, che hanno riscosso enorme successo. L'effetto è stato esattamente l'opposto di quello che ufficialmente era stato dichiarato: la lotta alla mafia. Il modello della mafia è culturalmente simile a quello delle triadi e della Yakuza. Il messaggio positivo delle nostre produzioni, per la criminalità, è stato quello che in oriente sanno da sempre: la lotta degli organi di polizia e sicurezza è quasi sempre vittoriosa ad ogni episodio, ma non finisce mai. Tutte le organizzazioni criminali asiatiche hanno la caratteristica di inculcare nelle coscienze dei propri membri e delle proprie vittime la consapevolezza di non finire mai: la mafia si può battere su mille fronti ma non si può estirpare. A queste operazioni d'immagine a favore della mafia italiana o italo-americana che hanno elementi in comune con quelle asiatiche, il crimine organizzato orientale aggiunge due operazioni particolari ed altamente remunerative in termini di ritorno d'immagine. Innanzitutto, le società segrete criminali gestiscono attività legali e addirittura benefiche. A Taiwan le triadi hanno veri e propri Public Relation men che gestiscono e pubblicizzano attività d'interesse sociale, beneficenza, assistenza, donazioni e quant'altro. La Yakuza giapponese può dimostrare ogni giorno di devolvere grossi finanziamenti in opere sociali e soprattutto può dimostrare di controllare i propri adepti e difendere il territorio nazionale da intrusioni criminali. Quest'impostazione unitaria d'immagine viene ripresa e adottata da tutte le comunità asiatiche in qualunque posto si trovino. E' una sorta di concezione strategica di comunicazione e marketing globale. Un ultimo elemento di questo tipo, sempre universale, è l'immagine delle comunità asiatiche all'estero impostato su un cliché molto preciso e strenuamente difeso. Secondo questo cliché, le comunità sono operose, non danno problemi di sicurezza, non si occupano di questioni politiche interne, non vanno nei locali degli altri, non vanno a passeggio fuori, non si fanno vedere, producono molto e consumano poco, portano ricchezza e calmierano il mercato del lavoro, sono eredi di un'antica civiltà, mettono a disposizione medicine alternative, pratiche psicofisiche tradizionali e allettanti. Quest'immagine è ormai uno stereotipo consolidato in tutto il mondo ed è la prima barriera difensiva di cui si avvale la criminalità organizzata. L'alone di buonismo e di mitezza serve a non destare l'interesse delle polizie locali, in genere troppo impegnate a confrontarsi con altri gruppi più appariscenti anche se sostanzialmente molto meno organizzati e pericolosi. Per questa operazione d'immagine globale non c'è una mente strategica o un alto dirigente. E' un modus operandi di estrema efficacia perché è un modus vivendi. Ma è anche un principio strategico che tutti adottano e che tutti difendono. Le reazioni della criminalità asiatica nei confronti di coloro che si mettono in mostra, di coloro che si vogliono separare dal gruppo, di coloro che intendono avviare attività criminali al di fuori della propria organizzazione sono drastiche e violente.


L'interdipendenza è un altro fattore essenziale e specifico della criminalità asiatica. All'integrazione verticale tra i membri, tra crimine e comunità, tra fornitori e clienti, tra debitori e creditori si affianca quella orizzontale e trasversale, per mezzo della relazione familiare e del guanxi: la rete delle conoscenze e delle parentele. Qualsiasi appartenente alla rete è coinvolto con gli altri. In questo sistema la capacità di pressione che viene dall'alto è soltanto una frazione di quella che viene dai lati. L'immigrazione clandestina si basa sul potere di pressione che la criminalità esercita non sugli individui interessati ma sui loro parenti, sui loro conoscenti.


La criminalità asiatica è l'espressione stessa di questo principio. Non soltanto tende ad autoeliminare i settori inefficienti o pericolosi, ma è organizzata in sistemi locali indipendenti per cui le perdite di uno non incidono sull'altro e i settori in perdita vengono naturalmente eliminati. Contrariamente ad altre organizzazioni criminali il sistema garantisce anche la salvaguardia dei settori efficienti dalle mire espansionistiche di altri. Se non esistono cupole regionali o globali e se tutti prosperano senza grossi conflitti fra bande è perché il sistema autoregola le perdite e i profitti. Le lotte tra bande o per il territorio in genere si limitano ai bassi livelli e soltanto in caso di violazione degli accordi espliciti o taciti. Lotte più grandi avvengono in corrispondenza dei cambi generazionali o con l'immissione di nuove organizzazioni (Big Boys Circle).


Le instant multinationals sono una realtà della criminalità asiatica da tempo. Oggi si appoggiano anche ad internet. Sono vere e proprie multinazionali che coinvolgono sia cinesi che altre etnie i cui aderenti riuniti in un'impresa comune neppure si conoscono fra loro.


Gli enormi introiti provenienti dalle attività criminali sono riversati in attività legali o semilegali di cui i massimi esponenti della criminalità si fanno promotori. In questa fase si verifica la potenza del clan e l'estensione del guanxi. Le attività legali non sono più di copertura per quelle criminali: si collocano su un altro piano e la connessione tra crimine e attività legale è soltanto nelle persone, ma spesso non sono neppure le dirette interessate o esposte, bensì un parente, un membro del clan o, appunto un membro del guanxi. La stessa fruizione dei proventi delle attività può non costituire traccia per l'individuazione criminale. Dalle attività legali, dal potere della corporazione o dell'impresa legale traggono beneficio tutti i membri del clan o del guanxi, in maniera più o meno diretta e in maniera proporzionale al contributo fornito.


La compatibilità è uno dei punti di maggiore forza della criminalità asiatica. In realtà è l'unica criminalità in grado di interagire e dialogare con i sistemi delle corporazioni, sia come base ideologica (mercato, profitti, espansione, libertà da vincoli) sia come prassi operativa (localizzazione, interdipendenza, ecc.). La criminalità asiatica è quindi particolarmente idonea a ricoprire il ruolo d'interfaccia delle corporazioni e dei sistemi economici con i mercati criminali. Inoltre è strutturalmente e culturalmente idonea ad infiltrarsi nei sistemi economici e nelle corporazioni globali. Dimensione, globalità, flessibilità e indipendenza possono consentire alle corporazioni di accogliere nel proprio ambito e favorire il connubio tra attività legali e illegali, lecite e illecite, finanziarie e commerciali, industriali e immobiliari. Se dunque si può affermare che il crimine organizzato asiatico abbia superato strutturalmente il paradigma delle corporazioni, in effetti esso può ricavare il massimo del mimetismo e della conversione delle immense disponibilità finanziarie sfruttando proprio le corporazioni.


La lotta alla criminalità asiatica non deve apparire impossibile o particolarmente difficile. E' possibile con un corretto approccio culturale e metodologico. Non si può pensare di batterla senza queste premesse di conoscenza dei modelli di riferimento. Proprio dal campo culturale si possono anche trarre delle indicazioni operative che possono aiutare nella comprensione e quindi negli interventi. Ad esempio:

Lingua
E' difficile, il dialogo con i vari gruppi deve avvalersi di interpreti molto bravi ed esperti anche nei dialetti. E' un'ostacolo, ma anche un'indicazione operativa. All'estero i gruppi tendono ad agglomerarsi per villaggio o zona d'origine proprio perché altrimenti non si capirebbero. La differenza di lingua e dialetto lascia individuare le origini e quindi i gruppi di appartenenza. Ogni gruppo ha il suo risvolto criminale che appartiene alla stessa matrice.

Cognomi e nomi
La lettura degli stessi caratteri cinesi (usati anche dai giapponesi e dai coreani, ma con suoni e significati diversi) varia a seconda dei dialetti. Per i cognomi è un vero rebus. Quelli scritti sui passaporti sono in cinese e in traslitterazione pinyin che però non corrisponde affatto né alla traslitterazione usata a Hong Kong né a quella di Taiwan. Inoltre il suono non corrisponde a quello del cinese mandarino, esso varia tra i dialetti e tra le vere e proprie lingue diverse come il cantonese e l'Hakka. I cognomi delle famiglie della diaspora sono traslitterati nella lingua dei paesi che li ospitano. Risulta difficile individuare un malese da un cinese espatriato in Malesia di 3a o 4a generazione. Ma qualsiasi cinese evoluto o i funzionari locali sanno benissimo a quale etnia appartiene un cognome. I cognomi indicano l'appartenenza ad una famiglia. Dalla famiglia si individua il clan, dal clan le attività e da queste i gestori delle attività criminali.

Tatuaggi
Sono o nascosti o ostentati. Per la criminalità asiatica non sono una moda o un'esigenza estetica: determinano l'appartenenza a qualcosa o qualcuno e non esistono tatuaggi falsi.

Prodotti tipici
I prodotti tipici cinesi, le medicine tradizionali, l'erboristeria, ecc. e gli ingredienti tradizionali per la cucina hanno un buon potere di penetrazione nelle culture occidentali, ma soprattutto sono vitali per il sostentamento della comunità cinese stessa. I cinesi sono anche fisicamente poco adattabili a diete diverse e ci vogliono generazioni prima che si abituino a fare a meno di alcuni ingredienti o di abituarsi ad altri. I prodotti tipici sono perciò oggetto d'importazione o contrabbando o contraffazione. Il mercato dell'importazione e della produzione è estremamente redditizio e non succede in nessuna parte del mondo che non venga controllato dalla criminalità.

Vizi
I membri del crimine asiatico sono in genere dei viziosi. O almeno sono tali secondo i nostri parametri. Donne, gioco, bere, lusso, spese eccessive, cerimonie fastose in qualsiasi evento (nascite, matrimoni, funerali o capodanno), ostentazione della ricchezza, ostentazione del potere sono tutte caratteristiche degli orientali. Nell'ambito criminale il vizio è ostentato fino ai livelli massimi dell'organizzazione. Soltanto i capifamiglia più potenti e venerati hanno mantenuto dei comportamenti misurati. Ma si tratta in genere di appartenenti a vecchie generazioni ormai in fase di estinzione. Gli stessi eredi di questi potenti, parchi e persino frugali, rappresentano un grosso grattacapo per i vecchi proprio a causa dei loro eccessi. L'ostentazione e l'arroganza sono segni distintivi di un modo di vita che si deve far riconoscere per farsi rispettare. Con le dovute cautele nei riguardi di coloro che sono ricchi senza essere criminali, la pista del vizio conduce comunque ai criminali.

Armi
Sono oggetto principale di contrabbando a favore di qualsiasi mercato criminale, di terroristi e d'insorti. La Yakuza e gli altri gruppi asiatici usano armi da fuoco leggere. Invece, tradizionalmente, le gang delle triadi non usano armi da fuoco. Le armi sono le più strane e varie, ma quella simbolicamente e praticamente connessa con la triade è la mannaia da cucina.
Quest'arnese è affilatissimo e allo stesso tempo pesante. Deve tagliare in piccoli pezzi la carne a prescindere che sia polpa, grasso, cartilagini e ossa.
La punizione più frequente nei confronti di adepti è il taglio di dita o squarci alle braccia. L'esecuzione capitale delle triadi, se voluta, è inflitta con una miriade di tagli sul corpo fino al dissanguamento: la morte delle diecimila spade. Le ferite da mannaia sono facilmente distinguibili e le cicatrici che lasciano ben visibili. Chi le porta è membro di una società criminale. I macellai veri sono talmente abili da non ferirsi mai da soli.

Collegamenti internazionali
I collegamenti tra le polizie e l'Interpol sono naturalmente fondamentali, ma bisogna stare attenti ai piani d'interesse.
Se l'obiettivo è quello d'individuare i grandi flussi di denaro attraverso i quali la criminalità orientale veicola i proventi della criminalità, occorre sorvegliare e analizzare le corporazioni nazionali, regionali o globali. La cooperazione internazionale e soprattutto il supporto tecnico di esperti e di analisti del mercato è indispensabile. Tale lotta, eminentemente d'intelligence economica, è possibile soltanto agendo nelle piazze finanziarie di tutto il mondo e non è un compito facile neppure in un regime di ampia cooperazione. Il riciclaggio si confonde con le attività legali e le corporazioni giapponesi, cinesi e anche americane sono senz'altro direttamente o indirettamente, coscientemente o inconsapevolmente il veicolo delle riconversioni.
Se l'obiettivo è lo smantellamento di attività criminali regionali, il traffico dell'immigrazione o il contrabbando, la cooperazione internazionale è necessaria, ma può non essere tempestiva ed efficace. Gli eventuali ricercati internazionali sono dotati di alta mobilità e grandi capacità mimetiche; all'interno di aree sempre più vaste non sono più neppure sottoposti a controlli di frontiera e per catturarli occorrono gli sforzi congiunti di molti.
Ma se l'obiettivo è la lotta alla criminalità all'interno del territorio nazionale, l'individuazione e la prevenzione del crimine locale devono essere concentrati sulle comunità locali. Non è detto che ci sia collegamento fra le triadi di Hong Kong e quelle romane neppure se sono affiliate. Scoprire chi è il capo di una loggia a Wencheng non aiuta a scoprire le attività di Prato o dell'Esquilino. Se si vuole combattere la criminalità cinese locale si deve agire esclusivamente su quella locale. Se si vuole dare una mano a qualcun altro si possono mettere a disposizione i propri dati, ma pensare di far crollare la criminalità in casa propria colpendo un ipotetico centro dislocato altrove può essere un errore. Gli stessi cinesi sono in buona fede quando dicono che la loro organizzazione è solo una parte del tutto. E' vero in senso culturale e filosofico, ma non è vero in senso organizzativo. Occorre separare i due piani. Se voglio capire la mentalità della triade dei 14 K posso andare a fare un corso a Hong Kong o Amsterdam o Perth in Australia, ma se voglio combatterla a Milano devo stare a Milano. Già andare a Roma potrebbe essere una perdita di tempo.

Le Comunità
In tutto il mondo gli espatriati di qualsiasi etnia tendono ad agglomerarsi in comunità omogenee. Tali comunità rappresentano sempre il collegamento con la madre patria e il terminale dei flussi della criminalità. Le comunità giapponesi nel mondo sono probabilmente le più discrete. Sono in genere piccole e tendono velocemente ad integrarsi con la maggioranza pur mantenendo vive le tradizioni. Esse sono i terminali di alcune attività criminali ma scarsamente individuabili. Più importante è il fenomeno di quest'ultimo decennio che sfrutta l'entità e il dinamismo del turismo di massa giapponese. In questo caso, la criminalità ha un veicolo potentissimo di movimento e attività in tutto il mondo. Il turismo giapponese si avvale di agenzie e corrispondenti soggetti sicuramente a racket. L'insicurezza del cittadino medio all'estero è alleviata dall'assicurazione di servizi (alberghi, trasporti, ristoranti e acquisto di souvenir) quasi identici in tutto il mondo. Tali servizi sono forniti da reti di racket giapponese e cinese. La diffusione di tali microreti garantisce anche la connessione per traffici illeciti.
Le comunità orientali più caratteristiche e tradizionali sono le Chinatown: vere e proprie cittadelle fortificate e inestricabili, ricavate nel cuore dei grandi centri urbani in cui soltanto i cinesi, e non tutti, possono avventurarsi. Anche questo modello è però superato. Le Chinatown moderne o vengono costituite nelle aree suburbane oppure, in quei paesi in cui non esiste un nucleo tradizionale o nei quali non è possibile per questioni urbanistiche e d'insediamenti precedenti individuare una parte esclusiva, si basa sul frazionamento territoriale. In questo caso i cinesi si mischiano ad altre comunità e per sopravvivere sono quasi costretti ad assumere il controllo delle altre comunità d'immigrazione. Tale controllo non è effettuato con la difesa violenta di un proprio territorio, che in questi casi non è possibile delimitare, ma con la gestione dei mezzi finanziari o di servizi essenziali: prestiti, affiliazioni commerciali, joint venture, servizi bancari, pegni, telefoni e conoscenze. Questa è probabilmente la situazione di Roma dove non esiste ancora una vera e propria Chinatown ma dove le attività cinesi sono diffuse in tutta la città e la provincia. Dove la concentrazione dei cinesi in quartieri o rioni è possibile, la malavita si mostra anche con bande da strada e teppiste, piccole ma violente. Dove tale concentrazione non è possibile, i 49 sono itineranti, più numerosi e meno appariscenti. Si muovono spesso in scooter e moto e garantiscono i collegamenti fisici con gli altri membri della comunità a prescindere da dove si trovino gestendo i servizi di riscossione, intimidazione, estorsione, gioco clandestino, ecc.


La globalizzazione non rappresenta una particolare possibilità di espansione della cultura asiatica. L'espansione riguarda un sistema e un'ideologia occidentali che, anzi, per estendersi hanno bisogno di annullare culture e sistemi non compatibili. Per quanto riguarda le chances di espansione della criminalità asiatica è esattamente l'opposto. Ciò che stupisce nell'analisi del fenomeno della criminalità asiatica è la dimensione economica, la globalizzazione localizzata (Toshiba evidentemente non ha inventato nulla) e l'omogeneità culturale. La globalizzazione in sostanza favorisce la criminalità di ogni tipo perché apre confini e prospettive che in altro modo sarebbe stato dispendioso e pericoloso conseguire. Tuttavia essa risulta particolarmente compatibile e in piena sintonia con il modello della criminalità asiatica che dalla globalizzazione non trae soltanto maggiori possibilità di espansione e affermazione, ma ricava una maggiore capacità di mimetizzazione e integrazione sfruttando la veicolazione tramite le corporazioni. Anche per questo, il crimine di stampo asiatico di alto livello è estremamente difficile da individuare e contrastare.
Per un'efficace lotta alla criminalità di questo tipo è necessario approfondire ad ogni livello la conoscenza degli schemi culturali a cui la criminalità asiatica fa riferimento. Non occorre spaventarsi se le chiavi di lettura sono completamente diverse e talvolta incomprensibili. Gli elementi più ostici possono dimostrarsi i più utili nella lotta. Un altro elemento importante è resistere alla tentazione della generalizzazione considerando qualsiasi etnia criminale perché incomprensibile. La comunità regolare e non criminale cinese è la prima vittima della criminalità asiatica, ma non è in grado di combatterla, né vuole combatterla. Nelle comunità all'estero, i cinesi, come gli ebrei, sanno che la loro presenza non è bene accetta e che la scala delle emigrazioni porta in alto o fuori. Un gruppo etnico spinge l'altro verso l'alto o fuori e il debole viene soppresso. Nella transizione sociale verso l'alto (dalla condizione di immigrato a quella di integrato o di indipendenza economica o soltanto verso l'innalzamento sociale tramite la scolarizzazione) la comunità sa che deve difendersi e deve affermare il proprio prestigio etnico. Anche se la polizia locale fosse in grado di garantire la sicurezza della comunità non potrebbe salvaguardare tale prestigio etnico; anzi, in quanto debitrice della propria sicurezza, la comunità sarebbe ulteriormente vilipesa anche dall'interno o dalle altre comunità della stessa etnia. Per questo, soltanto la criminalità è ritenuta in grado di assicurare sia la difesa sia la salvaguardia dell'identità. Mettersi nelle mani dei propri criminali è ritenuto il prezzo da pagare per essere vivi come gruppo sociale.
Tale caratteristica culturale, in apparenza senza vie d'uscita, fornisce in realtà una possibile chiave per contrastare la criminalità etnica in genere e quella cinese in particolare: occorre integrare il più presto possibile le comunità etniche nel tessuto sociale locale, salvaguardare la loro cultura proponendo percorsi formativi che comprendano la cultura d'origine e, soprattutto, favorire e accelerare l'inserimento di elementi etnici nelle stesse forze dell'ordine. Con questi provvedimenti la dominazione culturale che la criminalità assicura verrebbe a mancare e la difesa non sarebbe percepita come fruizione parassitaria e dimostrazione d'inettitudine, ma come attività consapevole di cui la comunità è protagonista.
(1) Febbraio 1998, intervista di Danny Schechter.
(2) J. Gernet "La vita quotidiana in Cina ai tempi di Marco Polo", BUR, 1983.
(3) W.P. Morgan, Triad societies in HK, The Government Printer, HK 1960.